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GLASS HOSTARIA: una vetrina del bello e del buono in pieno Trastevere

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GLASS HOSTARIA
58, Vicolo del Cinque
00153 Roma
Tel: +39 06 58335903
infoglass@libero.it |

Dato che per 25 anni della mia vita mi sono occupata di questioni legali societarie, ho sempre avuto un certo debole per gli avvocati e molti di quelli con cui ho lavorato erano donne.

Ho anche sempre manifestato la mia passione per gli champagne e la buona cucina, quella vera, di sapore e di sostanza.

Riuscire a incontrare però una donna, laureata in legge in Italia, laureata in arte culinaria negli States, insignita di una stella Michelin nel 2010, attiva, non scontata, curiosa e appassionata, che avesse entrambe le caratteristiche espresse sopra non è cosa da poco. E a me è successo.

A Roma, poco tempo fa.

Bandite le Louboutin a causa dei sampietrini (poco male, si possono portare in borsa), con un semplicissimo tacco 9 raggiungo l’ingresso del ristorante, poco distante da Piazza Trilussa.

Fra le varie pizzerie, osterie locali, tavoli imbanditi e pieni di turisti fuori nei vicoli, mi accoglie un ambiente pulito, trasparente, luminoso: GLASS HOSTARIA.

GlassColori chiari e caldi, essenziali. Come la mise en place e l’arredamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il menu è estremamente interessante e risultato di uno studio preciso sulle materie prime, non solo italiane, non solo europee.

Glass1Prima di decidere, e non è una scelta facile, la cucina allieta con un amuse bouche fatto di cocco, datterini e gamberetti bianchi di Anzio.

La delicatezza del cocco e la sfrontatezza dei pomodorini si guardano in faccia e decidono di fare amicizia.

Ne avrei voluto una tazza intera. Ma, giustamente, serve “solo” a solleticare lo stomaco e quindi passo all’antipasto: polpo, chorizo, paprika, giardiniera di limone e camomilla.

 Piatto orizzontale, dai colori molto caldi e fatto da tanti componenti.

Glass2Non vanno provati singolarmente, vanno assaggiati tutti insieme per poter dare modo di ricreare quell’equilibrio perfetto che riuscivo a scorgere a primo acchito con lo sguardo.

E’ un piatto fresco, leggero, dove la leggerezza del polpo viene resa più interessante dalla consistenza e dal sapore più deciso del chorizo, a cui fa eco una bella nota acidula data dal limone.

E come main course, io che adoro le Coquilles St., cosa potevo prendere?
Cappesante, pistacchio di Bronte cucinato in dashi, funghi. (dashi: leggero brodo di pesce usato nella cucina giapponese, ebbene si ho dovuto googlare!).

Le ho mangiate spesso in Francia, dove credo siano davvero bravi e non scontati a cucinarle, ma queste sono monumentali.

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Croccanti in modo perfetto fuori e morbidissime quando si masticano. La crema di pistacchio è densa ma molto leggera e gustosa e quei funghi regalano una nuance di amarognolo meravigliosa.
Sono talmente in estasi che non mi viene nemmeno in mente di assaggiare il pane, che, di per sé, ha proprio un bell’aspetto e profumo.

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Mi concedo invece un dolce, una rielaborazione della classica cassata: una sfera a base di cioccolato bianco, all’interno ricotta di pecora della campagna romana, arancia candita di Corrado Assenza e latte di mandorla fatto da loro.(Cristina mi dice poi che Corrado le ha concesso l’arancia candita e Fabiana Gargioli gliel’ha consegnata personalmente – che dire…fortunata vero?).Glass5

Appena si rompe quella biglia ne esce una magica pozione e lì mi innamoro della cucina di Cristina!

 

 

 

 

 

 

Stranamente non parlo dei vini, stranamente non ho preso uno Champagne, stranamente non ne ho avuto bisogno. La carta dei vini è meravigliosa e l’elenco degli champagne interminabile.

Ma a volte occorre fare buon viso a cattivo gioco e non tutti gradiscono le bollicine mentre pasteggiano.

Mi aspetta un duro lavoro ancora!

Quello che mi ha veramente stregata è stata la mirabile scelta delle materie prime, sempre innovative, mescolate fra loro come in un quadro di Cézanne che usa il colore per costruire forme.

“Cézanne dipinge a macchia, come se ogni pennellata fosse una tessera di mosaico che da sola appare astratta, priva di significato figurativo, ma accostata alle altre rende visibile un oggetto”.

Cristina usa le materie prime come macchie di colore, e accostando le une vicino alle altre, rende magici i suoi piatti e meraviglioso ogni assaggio.

Una nota anche per tutto lo staff che rende sobrio e impeccabile tutto il servizio, con grande classe e competenza.

Alla fine della cena Cristina si avvicina al tavolo, c’è anche suo marito Fabio. Lui ha aperto il locale e ha creduto nella fantasia di un quasi avvocato. Per inciso sia Cristina che Fabio hanno un altro locale a Roma: Romeo, Chef & Baker.

Due chiacchiere, i miei complimenti e la promessa di rifare quanto prima questa esperienza stupenda.

Tanto, Cristina, ci vediamo comunque fra poche ore al Taste!

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