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A piccoli passi nella Champagne
Programma
L’iscrizione agli incontri ha un costo di 250 euro totali.
Riprendiamo a brindare?
Tanto, troppo tempo senza nulla scrivere e ciò non è buono.
Vediamo quindi di rimediare prima di tutto con un frizzante augurio per un anno meraviglioso, anche se ormai è iniziato il mese di Febbraio, e in secondo luogo di riportare tutti i programmi al punto giusto.
La Dame du Vin scrive anche su altri due blog: Cavolo Verde, di Laura Rangoni e Luciano Pignataro Wineblog, del Lucianone nazionale, appunto.
Vi ho inserito il link così potete facilmente trovare tutti gli articoli che ho pubblicato.
A Merano per il Wine Festival ho fatto subito visita al Club Excellence ovviamente.
E ho anche avuto modo di partecipare ad una bellissima degustazione di Charles Heidsieck a cui è seguita la mia visita in Champagne, grazie alla operosa attività di Philarmonica, da Aprile 2014 nuovo distributore italiano di questa storica maison.
Ne ho parlato in un articolo molto esaustivo sul blog di Luciano Pignataro con lo Champagne Charles Heidsieck. Subito al rientro da Merano sono partita per la Champagne dove sono rimasta per 10 giorni in un bellissimo loft di legno, proprio nel centro di Épernay.
Rinasco quando tocco quella terra, quando affondo i piedi nelle vigne, quando parlo con i vecchi produttori che amano il loro vino e non sanno chi potrà portare avanti il loro duro lavoro quando lasceranno.
Rinasco quando vedo la vigna addormentata e penso che riposi sorniona per riprendersi le energie dal suolo dopo avere faticato tanto per dare al mondo quello che si aspetta da lei: grappoli d’uva sani e rigogliosi.
Rinasco quando in una bottiglia riesco a vedere una storia, riesco a leggere un destino. Non sempre così felice.
Rinasco quando mi riconoscono al ristorante famoso di Avize, io, un piccolo esserino nella grande Champagne, che viene chiamata per nome: Madame Livia, La Dame…bonjour!
Non c’è nulla da fare, queste bollicine per me sono miracolose, provvidenziali, a volte insostituibili.
Quest’anno ci saranno quindi tante belle sorprese, a partire dalle serate Champagne itineranti, che iniziano il 24 Febbraio a Como, presso il Wine Bar Quarantaquattro, dai percorsi didattici sul vino, 4 lezioni di conoscenza su questo succo meraviglioso per non rimanere stupefatti davanti ad una carta dei vini, ormai sempre più complessa e articolata e a cantine che lasciano senza respiro.
E poi ancora il piccolo viaggio specifico nella Champagne e nello Champagne, per capire, scoprire, carpire i segreti di questa complessa regione francese.
Insomma, dei programmi estremamente interessanti e, soprattutto, creati a misura per ogni esigenza.
Andate a curiosare sulle news e troverete la data del primo incontro.
Con un bicchiere di bollicine vi auguro quindi Santé e vi aspetto in una delle mie serate per poterveli fare personalmente.
Votre Dame
La magia di Matteo Baronetto e di Dom Pérignon, in una sera d’incanto
Ora do i numeri:
2, è il numero civico di Piazza Carignano a Torino dove c’è il Ristorante Del Cambio
5, è il numero delle cuvée Dom Pérignon degustate
14, è il numero delle portate preparate dallo Chef Baronetto e dei suoi collaboratori in cucina
20, è il numero delle persone attorno al tavolo della cena di Bibenda per il DP Wine Tasting Club
Infinite sono le volte in cui ho alzato il bicchiere, e ancora infiniti i miei pensieri di gioia assoluta nel vivere simili momenti.
Il ristorante Del Cambio, a Torino, è stato scelto come location dal Dom Pérignon Tasting Club di Bibenda per la degustazione di 4, anche se poi alla fine sono diventati 5, imperdibili cuvée (tutte frutto di assemblaggio di Pinot Noir e Chardonnay anche se si mantiene il più grande riserbo sulle percentuali):
Vintage 2004
P2 Vintage 1998
Rosé Vintage 2003
Rosé Vintage 1998
Œnothèque 1996
Anfitrione della serata Franco Ricci, presidente della FIS di Roma, che, insieme a Adele Bandera, Managing Director della società di comunicazione che cura Dom Pérignon in Italia, e Matteo Baronetto, Chef di casa, ha accolto gli ospiti con un aperitivo di benvenuto: Dom Pérignon Vintage 2004, testimone di un’annata molto bella in Champagne, con uve sane e abbondanti.
In effetti la pienezza della stagione si ritrova anche nel sorso che oso addirittura definire “curvy”, prendendo a prestito un termine ormai sdoganato.
Freschezza e suadenza, a passeggio mano nella mano. Ha una grandissima armonia questo vino e lo trovo molto più pronto e piacevole rispetto al vintage precedente che, di strada da fare, ne ha ancora tanta.
Dato che siamo i primi ad arrivare, Chef Matteo Baronetto, braccio destro di Cracco per tanti anni ci onora di un giro turistico in cucina, in cantina e al piano superiore dove è stato creato il Bar Cavour.
Già, la cantina…mi vorrei fermare lì per la serata, e anche per la notte, e magari farci anche la prima colazione!
Tavoli con candelabri accesi, pupitre vestite per l’occasione, profumo di vino che inebria il naso.
Le 20.000 bottiglie, ripartite nei diversi spazi della cantina, sono placidamente adagiate sulla nuda pietra o su scaffali di legno e suddivise per tipologia.
Lo chef sommelier del Cambio non è un tipo qualunque. Si tratta di Fabio Gallo, presidente dell’AIS Piemonte, un sommelier stimato e conosciuto, che dei vini ha fatto la sua ragione di vita (o quasi).
Il tour termina dopo la visita al primo piano dove è stato creato il Cocktail Bar, che offre anche qualcosa da mangiare, con carta differente dal ristorante, fino a mezzanotte.Sale con luci soffuse, ma non da uscita di sicurezza luminosa, e bancone bar bellissimo e perfettamente incastonato nella prima stanza.
La sala cavouriana, dove è stato preparato il tavolo per la nostra cena, è stata rifatta in modo minuzioso e preciso. Un lavoro magistrale. Anzi, un capolavoro.
La sala attigua invece è nuova e arricchita dalle installazioni di Michelangelo Pistoletto, artista biellese che, attraverso delle serigrafie sugli specchi alle pareti, ha voluto riprodurre alcune figure che stanno guardando ciò che accade al centro della sala. “l’Evento”.
Finito il nostro aperitivo è arrivata (finalmente) l’ora della cena.
Sono veramente impaziente di provare i piatti di Matteo e questi champagne meravigliosi.
Si inizia subito con Dom Pérignon Vintage 1998 P2, alias Plénitude 2, alias Deuxième Plenitude, un nuovo modo di René Geoffroy di approcciare la vita di Œnothèque.
Rispiego brevemente il concetto a favore di chi non ha ancora letto nulla su questo champagne:
a partire da Luglio 2014 la serie Œnothèque, ossia il Dom Pérignon millesimato lasciato affinare sugli lieviti molto più tempo rispetto al Vintage che vede la luce dopo circa 10 anni (è appunto in commercio la 2004 uscita a Marzo dello scorso anno), ha cambiato nome.
La nuova etichetta, grigio antracite con scritte in oro, riporterà il millesimo del vintage e una fascetta al collo della bottiglia con l’indicazione P2, ossia Plenitude 2, un tempo di affinamento che va dai 15 ai 20 anni.
Sulla base dello stesso concetto uscirà anche Dom Pérignon P3, Plenitude 3, ossia un vintage che avrà un periodo di affinamento sugli lieviti fra i 30 e i 40 anni.
Si passa poi al Vintage Rosé 2003, all’Œnothèque 1996, e al Vintage Rosé 1998, in un succedersi e alternarsi di pietanze e vini estremamente pacato e perfetto curato dal maître Daniele Sacco.
I piatti del menu sono fatti con materie prime classiche, mediterranee e regionali, ma elaborati in modo innovativo con mano sicura e competente.
Quello di cui io vorrei parlare, anzi scrivere, e che è la materia che mi compete maggiormente, è di due champagne in particolare: P2 1998 e Œnothèque 1996, le mie due frecce di Cupido della serata.
Dom Pérignon Vintage 1998 P2
Olfatto denso e pieno. Non è uno champagne leggero, e si sente.
Una nota mielata e balsamica fa capolino dal bordo del bicchiere per riversarsi attorno al mio naso e far subito capire che non lui non è un “toyboy”. Bisogna prenderlo sul serio.
Continuo ad annusare il bicchiere, mi incanta, mi inebria.
Voglia di sorso, e la soddisfo subito.
Eleganza fruttata, materia spessa, croccante.
Ananas, cedro, miele, pane tostato e a volte speziato.
Una bocca piena, avvolgente, calda, sicura, seppur freschissima.
Ecco, per riprendere, giocando, la similitudine precedente, questo champagne mi dà la sicurezza protettiva di un uomo maturo, che non chiede pazienza e che sa offrire quanto di meglio ha a chi gli sta vicino.
Di gran classe e complessità e di meravigliosa persistenza, questo champagne è il compagno ideale per tutti i piatti ricchi e succulenti.
Dom Pèrignon Œnothèque 1996
E’ la seconda volta che lo degusto. E questa seconda è ancor meglio della prima.
Secondo me questo vino è un capolavoro in bottiglia, una essenza, formato 0,75l, di eleganza, raffinatezza, freschezza, classe, persistenza, equilibrio.
Forse se stessi zitta renderei meglio l’idea, paradossalmente.
Partiamo dal presupposto che il millesimo ’96 sia stato uno di quegli anni in cui viene quasi raggiunta la perfezione: meteo senza troppe variazioni e precipitazioni, temperature giuste e nella media stagionale, settembre perfetto con notti molto fresche e giornate nella media, due elementi sintomatici di annate grandiose in Champagne.
Acidità a livelli pazzeschi, tanto che alcuni produttori dicono che nemmeno la malolattica abbia avuto un effetto calmante in quell’anno.
Ed in effetti la 1996 verrà ricordata come la grande annata del decennio 1990/2000.
Per tornare alla nostra bottiglia devo dire che riesce a stregare con la sua estrema freschezza, testimoniata dagli aromi di frutta gialla, ananas e nectarine, per arrivare alla leggera tostatura e all’ananas candita, alla crema pasticcera, alle spezie dolci.
Ed è la stessa girandola inarrestabile quando lo assaggio.
Forte, profondo, determinato al primo impatto, eppure tanto leggiadro dopo il sorso, e ancora complesso e tanto invitante al secondo assaggio. Per tornare poi giocondo e scherzoso nel terzo.
Ananas, frutta candita, spezie dolci, tostature: è magnifico riuscire ad intercettare tutte queste differenze e complessità.
E’ uno champagne che emana eleganza e classe, senza essere troppo snob.
Insomma, per tornare alle nostre rappresentazioni figurative, un giovane uomo che, con sicurezza e intraprendenza, sta andando incontro alla vita. Senza fretta ma facendo i passi giusti.
L’entusiasmo e l’energia di questo vino coinvolgono tutti i sensi riuscendo ad andare anche oltre, ad emozionare la nostra mente e a far vibrare il nostro cuore.
Ed è quello che da un grande champagne ci si aspetta ogni volta.
E Dom Pérignon non ci delude mai. Mai.
IL TERZO STOPOVER DEL NOSTRO VIAGGIO: I CREMANTS
Vini poco conosciuti, ancor meno bevuti. Eppure ve ne sono di alcuni che sono meravigliosi e che hanno un rapporto q/p difficilmente riscontrabile in altri spumanti.
Con questo termine sino al 31 agosto 1994 venivano indicati gli Champagnes elaborati in modo da sviluppare meno anidride carbonica quindi con una spuma più delicata degli champagnes tradizionali. La pressione nelle bottiglie risultava con un’atmosfera inclusa fra 3,5 e 4,5 bar, invece delle 6 degli champagnes tradizionali.
Una volta questo appellativo indicava anche in Italia gli spumanti con tale pressione atmosferica (vedi Satén) ma ad oggi tale nome è riservato solo ad alcuni vini prodotti con metodo classico all’interno della Francia in zone ben delimitate ai quali è stata conferita la classificazione di AOC (Appellation d’Origine Contrôlée).
La Champagne ha dovuto abbandonare questo appellativo, avendo chiesto una protezione per il nome champagne e méthode champenoise.
Per chiamarsi Crémant quindi un vino bianco e/o rosato mosso deve avere le caratteristiche seguenti (Regolamento (CE) n° 607/2009 della Commissione Europea del 14 Luglio 2009):
- Aver fatto la seconda fermentazione in bottiglia (come i metodi classici)
- Aver fatto una sosta sur lattes (affinamento sui lieviti) di almeno 9 mesi
- Essere messo in commercio dopo 12 mesi dal tirage (fase di inizio della seconda fermentazione)
- Essere prodotto in una delle regioni previste nella AOC che sono
Bordeaux
Bourgogne
Die
Jura
Limoux
Loire
Luxembourg
- Vendemmia manuale
- Mosto non superiore a 100l per ogni 150Kg di uve
- Solfiti aggiunti non superiori a 150 mg/l
- Liqueur d’éxpedition non superiore a 50 g/l
Generalmente i Crémants vengono ottenuti da una stessa vendemmia, ossia sono praticamente quasi tutti millesimati (senza aggiunta di vins de réserve).
I vitigni utilizzati sono diversi in funzione dell’area di produzione e sono:
Crémant d’Alsace (Pinot Blanc, Riesling, Chardonnay, Pinot Noir, Pinot Gris)
Crémant de Bourgogne (Chardonnay, Aligoté, Pinot Noir)
Crémant de Loire (Chenin Blanc, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc)
Crémant de Bordeaux (Sémillon, Sauvignon, Ugni Blanc, Cabernet Sauvignon, Merlot)
Crémant de Limoux (Mauzac, Chardonnay, Chenin Blanc, Pinot Noir) – Blanquette de Limoux (almeno 90% Mauzac)
Crémant de Die (Clairette)
Crémant du Jura (Savagnin, Chardonnay, Poulsard, Pinot Noir, Pinot Gris, Trousseau
Crémant de Luxembourg (Pinot Blanc, Riesling, Chardonnay, Pinot Noir, Pinot Gris).
Alsazia al primo posto con 34 milioni di bottiglie (anno) vale a dire il 25% della sua produzione globale di vino.
Al secondo la Borgogna con 18,7 milioni di bottiglie.
A seguire la Loira con 11,5 milioni.
Noi ne abbiamo provati ben 4:
Il Crémant d’Alsace George Klein
50% Pinot bianco, 20% Chardonnay, 10% Riesling e 10% Pinot grigio
Sventagliata di profumi d’agrume e di aria di fiori di primavera. Piacevole e interessante la sensazione al palato.
Tensione e freschezza iniziali rimandano, in un secondo tempo, ad una morbidezza mai scontata e mai seduta.
Dosaggio che non si avverte e Pinot Bianco che dice sapientemente la sua senza rischiare dei essere un assolo, perché la voce corale è sicuramente più complessa. E anche persistente.
Ottimo con la Michelina alle erbe di Formaggi Gigi.
Crémant de Loire Domaine Dutertre – Cuvée St. Gilles
30% Chenin bianco, 30% Chardonnay, 30% Pinot nero, 10% Cabernet.
Un’azienda piccolissima questa (30.000 btg/anno), nel cuore della Loira, la regione dello Chenin, chiamato anche Pineau de Loire.
Un vino beverino, allegro, senza troppe implicazioni.
Chardonnay e Chenin prendono il palcoscenico e si alternano in bocca con profumi di arancia e albicocca non troppo matura.
Il Pinot Nero sancisce questa unione con una bella sferzata di potenza.
Blanquette de Limoux Cuvée Résilience di Alain Cavaillès
90% Mauzac, 5% Chenin e 5% Chardonnay.
La Blanquette de Limoux ha un’origine molto molto antica e si dice (si dice…) che questo vino sia il vero precursore dello Champagne.
In effetti già nel 1531, a qualche kilometro da Limoux, i monaci dell’Abbazia di St Hilaire, si resero conto che il vino bianco che avevano imbottigliato e chiuso con del sughero formava delle bollicine in bottiglia.
Nasceva così la Blanquette de Limoux che si differisce dal Crémant in quanto nella blanquette il vitigno principe è il Mauzac che deve essere presente per almeno il 90% dell’uvaggio. Consentiti un 10% di chardonnay e/o chenin per completare la cuvée.
Qui il profumo è davvero notevole e fresco. Vino da aperitivo per eccellenza, si sposa comunque bene anche con i formaggi non troppo stagionati ma di grandi aromi.
Ecco perché lo abbiamo abbinato ai formaggi di Gigi: i suoi Gigetti al balsamico, le Micheline alla grappa e alle erbe, la Michelina alla grappa, il Delicapra al porto.
Formaggi molto profumati ma dal sapore estremamente delicato e gradevole.
Gigi è un affinatore della Valle Imagna e cura personalmente tutte le sue creature con attenzione e meticolosità. Il risultato lo si ha in tavola.
I formaggi sono stati divorati in un battibaleno !!
Infine ecco un
Crémant du Jura – Désiré Petit
nella versione rosé.
100% pinot noir.
La stranezza del pinot nero coltivato in una regione che non è la sua culla di nascita.
Eppure devo riconoscergli una bell’approccio profumato, una giusta complessità di aromi e una gradevole potenza che non eccede mai.
Fresca e di grande trama la bocca dove acidità e onde di frutta ammaliano le papille in modo sempre elegante.
Direi che anche la persistenza abbia un ruolo importante in questo vino che riesce a soprendermi e che trovo perfetto con gli spaghetti con pomodorini confit e origano siciliano.
E dato che non ci siamo fatti mancare nulla, come corollario alla nostra golosità abbiamo aperto la focaccia alla birra di Claudio Gatti.
E lì i veri gourmand non sono riusciti a trattenersi.
“Soffice, dal sapore delicato e ad alta digeribilità: sono le caratteristiche uniche di questa focaccia. È prodotta con lievito naturale “La Madre”: la pasta viene lasciata riposare per 30 ore. È fatta con ingredienti di alta qualità, selezionati e insaporiti dalla delicata fragranza regalata dalla birra di produzione artigianale.”
Insomma, un’altra serata all’insegna del gusto, del piacere, del buon vino e degli amici.
Chez La Dame du Vin.
I Crémants sono distribuiti da: Lungo la via Francigena.
LA SECONDA TAPPA DELLA NOSTRA BOLLICINA
Per la seconda fermata del nostro viaggio abbiamo goduto di alcune eccellenze italiane del metodo classico.
A farci compagnia quindi:
Il Franciacorta QZero 2009 di Quadra, il Trentodoc Maso Martis con il Brut Riserva 2007 e l’Alta Langa di Cocchi Bianc ‘d Bianc 2008.
Anche la nostra gola è stata ampiamente soddisfatta.
Il culatello di Faust Brozzi è stato oggetto di furto con destrezza da parte di tutti i commensali che, alternandolo allo strolghino, hanno creato una staffetta golosa e meravigliosamente ricca di sapori.
Stagionatura di 24 mesi, affinamento nelle cantine della “bassa parmense”, dove l’umidità e la nebbia contribuiscono a creare questi capolavori del gusto, solo 800 pezzi prodotti all’anno.
Una piccola grande opera d’arte.
Il Franciacorta QZero di Quadra, millesimo 2009.
Non so se sia per il fatto che a questa vendemmia abbia partecipato anche io (un leggero egocentrismo!), per il fatto che quell’anno l’uva sia risultata pulita e molto sana, o per il fatto che Mario Falcetti il suo lavoro lo sappia fare in modo impeccabile, ma la certezza è che abbiamo bevuto un vino straordinario.
Profumi franchi di pane tostato e di lievito, non fastidioso, un tocco di erba salvia e di mentuccia fresca, piccole evoluzioni di agrume insieme a frutta secca.
E una grande, magnifica freschezza che rende snello un Franciacorta dotato di trama estremamente fitta e complessa.
Che bel bere!
Il TrentoDOC Brut Riserva 2007 di Maso Martis, un’espressione classica del Pinot Nero del nord.
Con un po’ di boisé reso meno invadente da un tocco di limone qui e là.
Forse sboccatura un po’ giovane ma diamogli tempo, la struttura c’é, ed è bella, accattivante. Con queste bottiglie ci vuole pazienza, e noi ce l’abbiamo!
L’Alta Langa Bianc ‘d Bianc (già proprio in piemontese!) 2008 di Giulio Cocchi.
Imperdibile nella sua interpretazione dello Chardonnay di Langa trasformato in metodo classico.
Elegante, fine, equilibrato. Una bella dama pronta per un gran ballo sulle note dolci di un valzer viennese, o a far pariglia con quelle altrettanto dolci del culatello, spumeggiando in bocca senza tregua.
E si riparte per il nostro viaggio, in attesa della prossima sosta….
VIAGGIO DI UNA BOLLICINA, DALL’ITALIA ALLA FRANCIA. CHEZ LA MAISON DE LA DAME
Per più di due ore attraverseremo il fascino degli spumanti e degli champagne, vini che io amo chiamare Bollicine, e che hanno, da sempre, un fascino particolare.
Sono gli unici vini al mondo che possono accompagnare, dall’antipasto al dolce, un pranzo o una cena, sia a base di pesce che di carne, di verdura e di formaggi.
Non amo paragonare i diversi tipi di spumanti se le connotazioni sono diverse.
Mi spiego meglio.
Il metodo classico, quello con cui si produce lo Champagne, il Crémant, il Franciacorta, il Trento DOC, l’Alta Langa, taluni Prosecco, per citare i più conosciuti, ha tali caratteristiche ben definite che sono impossibili da assimilare agli spumanti prodotti con il metodo Martinotti o Charmat.
Così come è improprio fare un paragone fra Champagne e metodo classico prodotto altrove: le differenze di suolo, clima, esposizione geografica, sistema di affinamento (in una parola “terroir”) sono troppo diverse per poter essere confrontabili.
E’ estremamente curioso e piacevole riuscire ad intercettare le differenze gustative fra le une e le altre.
Ecco perché La Dame du Vin propone, in location adatte, delle serate improntate su diverse tappe geografiche che, alla fine, ci condurranno in un viaggio di emozioni gustative sempre più coinvolgenti.
Saranno 4 gli “stopover” previsti e per ogni sosta 3 vini da poter degustare al meglio, con me, e con tutte le informazioni necessarie a comprendere meglio questo mondo:
- Prosecco – Come dire di no a un vino che viene declinato in millemila modi e che è il primo passo per avvicinarsi alle bollicine?
- Trento DOC, Franciacorta, Alta Langa – Eccellenze italiane del Nord, grandi vini, anche di piccole cantine.
- Crémant – Le “altre” bollicine francesi, quelle quasi sconosciute, ingiustamente!
- Champagne – La conclusione e la coronazione del nostro viaggio, en souplesse…..
Ci faranno compagnia le focacce di Claudio Gatti, i formaggi di Gigi, il culatello di Faust Brozzi e il Paga Negra della Fenice.
CORSI AL MARTEDI’ PRESSO LA MAISON DE LA DAME
dalle 20:30 alle 23:00
1) Prosecco Metodo Classico 27 Maggio martedì
- G de Le Vigne di Alice
- Colfòndo di Casa Belfi
- Bellenda
Formaggi di capra freschi del Caseificio Lavialattea e focaccia pesche, albicocche e ananas della Pasticceria Tabiano di Claudio Gatti
2) Franciacorta/Alta Langa/Trento 3 Giugno martedì
- Quadra Qblack Franciacorta
- Cocchi Bianc ‘de Bianc Alta Langa Metodo Classico
- Maso Martis Trento DOC Brut Riserva 2007
Salumeria nostrana italiana, culatello di Faust Brozzi e pani speciali
3) Crémants 10 Giugno martedì
- Crémant d’Alsace Georges Klein – Pinot Blanc, Pinot Gris, Chardonnay
- Crémant de Loire Domaine Dutertre –Chenin Blanc, Chardonnay, Pinot Noir, Cabernet
- Blanquette de Limoux Alain Cavaillès – Mauzac, Chenin, Chardonnay
Formaggi stagionati di Gigi Formaggi e focaccia alla birra di Claudio Gatti
4) Champagne 17 Giugno martedì
- Bollinger Special Cuvée – Assemblage Pinot Noir, Chardonnay, Pinot Meunier
- Pierre Moncuit Cuvée Delos Blanc de Blancs Grand Cru – 100% Chardonnay
- Alain Réaut Brut Tradition Blanc de Noirs – 100% Pinot Noir biodynamique
- Dom Caudron Cuvée Vieilles Vignes Blanc de Noirs – 100% Pinot Meunier
Jamon Iberico de Bellota Patanegra de La Fenice, Parmigiano Reggiano 24 mesi di stagionatura, pani speciali.
LA MAISON DE LA DAME
Via Libertà 12
22070 Guanzate (CO)
+39 335 7093528
info@ladameduvin.com
La selezione delle QUVÉES…da Quadra Franciacorta.
E’ il sesto anno consecutivo che vengo invitata da Mario Falcetti, Direttore Generale di Quadra Franciacorta , a partecipare all’importante tavolo di degustazione che porta alla scelta dei vini da utilizzare nelle cuvée che avranno come base la vendemmia dell’anno precedente.
Il panel di degustazione, si fonda su elementi di spicco ormai consolidati come i sommelier Davide Bonassi e Marco Pozzali (quest’anno assente per una influenza), il proprietario della cantina Quadra, Ugo Ghezzi, con sua figlia Cristina, il responsabile di produzione, Sergio Gatti, la responsabile del controllo qualità, Antonia Tancredi e quest’anno su alcune importanti new entries fra cui lo Chef stellato del ristorante Dispensa Pani e Vini di Erbusco , Vittorio Fusari , oltre che, anche lui per la prima volta, il figlio di Ugo Ghezzi, Marco.
25 persone sedute intorno ad un tavolo che esprimono le loro opinioni in fatto di vino e la loro visione sul vino del futuro in base a quanto hanno nel bicchiere.
Questo momento, di solito messo a calendario la primavera dell’anno successivo alla vendemmia, è di fondamentale importanza nella produzione di un metodo classico.
E’ il momento in cui i vini, che hanno svolto la prima fermentazione alcolica singolarmente, in base al vitigno, nelle vasche d’acciaio, o nelle botti di legno, vengono “miscelati” fra loro, in quantità diverse, in modo che le caratteristiche tipiche di ognuno dei vini che concorre possano confluire nel risultato finale, e quindi nel blend risultante.
Le caratteristiche tipiche non sono date solo dai diversi tipi di vitigno ma dalla posizione del vitigno stesso, dall’esposizione solare, dal tipo di coltivazione, dall’età delle vigne, dal momento in cui viene vendemmiato.
I vini della prima fermentazione, quindi, hanno differenti note aromatiche che, insieme come in un matrimonio, e in base al carattere che si vuol dare al vino finale, vengono sapientemente coniugate per dare vita ad una armonia del gusto, proprio come i diversi strumenti di un’orchestra si avvicendano creando l’armonia della musica sotto l’egida del direttore d’orchestra.
Nel nostro caso il direttore d’orchestra, è lo Chef de Cave: Mario Falcetti.
L’assemblaggio della produzione verrà poi effettuato nelle grandi vasche d’acciaio dove verrà fatto il “tiraggio”, ossia inserita la “liqueur de tirage” che darà luogo alla seconda fermentazione, quella in bottiglia, quella dove si creano le famose bollicine degli spumanti.
La prima selezione, quella veramente a tappeto, viene fatta a priori in cantina, da Mario, Sergio e Antonia.
Sono loro che, spillando il vino dalle vasche e miscelandolo nelle provette di laboratorio in percentuali diverse, riescono a produrre i tre blend migliori che poi verranno portati all’assaggio della commissione.
Quello che noi ci troviamo sul tavolo, di conseguenza, è il trittico della migliore selezione fatta a monte.
Prima di iniziare Mario ci saluta ed esprime la sua idea sul momento che andiamo a vivere e, in generale, sul Franciacorta, vino in cui crede da anni e che ha dimostrato di sapere fare bene con i suoi prodotti sempre in continua evoluzione qualitativa.
“E’ una fase fondamentale, forse la più significativa che si ripete annualmente dalla primavera 2009, nella vita dell’azienda e corrisponde al “battesimo” dei nostri Franciacorta e sono solito associare questo momento al “collo della clessidra” attraverso il quale l’uva si accinge a divenire Franciacorta. Le vigne, i vitigni, le selezioni che dalla vendemmia e sino ad oggi hanno vissuto di vita propria, ciascuna interpretata in modo da esprimerne al massimo le potenzialità, oggi, perdono la propria identità facendola confluire nelle quvée che tra qualche anno saranno bollicine compiute.
Sin qui la cura dei nostri vini base è stata garantita dallo staff aziendale ma in quest’occasione ho il piacere di condividere il nostro lavoro con la vostra esperienza, il vostro gusto, le vostre aspettative.”
Ci parla della selezione manuale delle uve, dell’impiego esclusivo della prima frazione di pressatura, della valorizzazione della acidità primaria evitando le malolattiche, dell’impiego modesto di solfiti aggiunti, della valorizzazione del Pinot Bianco, vitigno a lui sempre caro.
Insomma ci parla da uomo innamorato, del suo lavoro in primis, e di questa terra poi.
Le postazioni sono pronte: tovaglietta, tre bicchieri per il vino, uno per l’acqua, qualche grissino per il “fondo”.
Viene distribuito il foglio con le 7 selezioni che dovremo fare, 3 vini per ognuna:
QSatèn – solo uve a bacca bianca, solo Brut e pressione di 4.5 atm/lt
EretiQ – la scommessa di Mario, un Franciacorta fatto solo con Pinot
Qzero – il brut nature
Quvée 82 – il millesimato
Qrosé – l’anima rosa
Qblack – la “mise en bouche”, quello che comunemente viene definito il prodotto “base” e che sarà realizzato al momento dopo la scelta delle altre Quvée.
Si parte avvinando il bicchiere e la bocca con un’anteprima di EretiQ 2010, blend di Pinot Bianco e Chardonnay dopo 32 mesi di sosta sui lieviti. Profumi intensi, bella vivacità, freschezza impagabile. Una bollicina più “nordica”, l’ha definita il mio amico-collega Davide Bonassi.
Si comincia la valutazione, si tratta di capire quale dei tre vini che abbiamo nel bicchiere sarà il più indicato a divenire Satèn 2014, tenendo presente che:
– Nella bottiglia si svilupperà l’anidride carbonica della seconda fermentazione in ridotto (bottiglia);
– Il vino riposerà per almeno 30 mesi sui lieviti (24 di disciplinare ma MF lascia che il tempo abbia la sua parte importante nella formazione del vino)
– Ci sarà un minimo di residuo zuccherino dovuto all’aggiunta della liqueur d’expedition
– Il Satèn dovrà comunque essere elegante, morbido, avvolgente, e dotato di una bella freschezza e sapidità.
E si continua così per ogni valutazione che si deve fare, ricordandosi che il prodotto finale di quanto stiamo degustando noi, avrà sì l’anima di quanto stiamo bevendo ora, ma tutto il resto sarà completamente diverso. E questo compito non è facile.
Il vino nel bicchiere, quello che i francesi chiamano “vin clair”, è un vino fermo, senza anima profonda, con acidità alle stelle e disarmonia molto accentuata.
Ma non è questo ciò che il degustatore chiamato a compiere una selezione del genere deve giudicare.
Lui deve cercare di immaginare l’evoluzione del vino partendo da una base tangibile. Dovrà pensare all’armonia di cui parlavamo all’inizio come a un punto d’arrivo dopo un viaggio per nulla banale e monotono.
Dovrà altresì pensare all’immagine della Cantina per cui è chiamato a selezionare e alla coerenza della gamma dei suoi vini. Dovrà pensare alla reazione del pubblico che poi gusterà questi vini nei diversi locali e ristoranti.
Insomma deve tenere conto di una serie di fattori e di variabili che possono far prendere una direzione piuttosto che un’altra.
Questa responsabilità, nelle cantine di Franciacorta, così come nelle Maison di Champagne, viene demandata allo Chef de Cave che si avvale, come abbiamo detto, di un pool di persone fidate da cui prendere spunto e suggerimenti.
E se, come Mario Falcetti, è un capo democratico, la decisione presa scaturisce da una votazione delle diverse preferenze dove, il capo, ha comunque diritto ad un “casting vote” per carica acquisita.
L’esperienza è una tra le più interessanti, sebbene complesse, nella vita di un sommelier e appassionato di spumanti.
Ci si confronta in modo aperto e diretto, si esamina il contenuto di ogni bicchiere valutandone i fattori più disparati, si parte dal presente per approdare ad un futuro che non si conosce, si immagina, in base alla propria esperienza e sensibilità gustativa. Si apre un mondo misterioso e invitante.
Alla fine di questa “tavola rotonda” ci si sente provati, stanchi, un po’ stralunati. Degustare dei vini che hanno ben poco di quelle caratteristiche piacevoli che di solito si ritrovano in una bottiglia di Franciacorta lascia a dir poco esausti.
Ma la passione, l’amore, la curiosità e la voglia di scoperta che muovono questi passi, sono talmente forti che la stanchezza si lascia alle spalle e si è felici come fanciulli per aver partecipato alla nascita di qualcosa di meraviglioso: i nuovi vini.
Ahhh….ça fait du bien à mon coeur.
Parola di Dame.